domenica, gennaio 17, 2010

Ristabilire il primato del bene comune

Il potere dell'economia dirige ogni cosa: se gli stati ne sono trascinati, a maggior ragione anche i singoli vengono travolti, siano persone siano famiglie, siano imprese. Ciascuna di queste entità è impegnata singolarmente a difendersi dall'attacco delle forze del mercato che si pongono in competizione. La prima risposta dovrebbe essere una coalizione tra le forze, un patto di collaborazione che taglia alla radice la logica di concorrenza. In principio la concorrenza dovrebbe derivare dalla competizione per prendere possesso delle risorse che sono scarse; ma in un mondo di sovraproduzione le risorse non lo sono, lo diventano per la rapacità di che vuole accaparrasele senza distribuirle.
I passi per creare questa associazione collaborativa non sono semplici, e non possono nascere dal solo volontarismo di pochi, si deve riuscire a dimostrare che questo metodo è più efficiente, dà risultati migliori perché tiene conto veramente di tutti i fattori e non solo del guadagno immediato. Bisogna partire dai territori, identificandone i valori che rappresentano e come possono essere potenziati: si potrebbero creare dei distretti basati sulla solidarietà che misurino il valore globale delle proprie risorse.
Ogni volta che in nome del principio di efficienza si rinuncia a considerare il beneficio globale di un territorio, invece di quello immediato dei singoli si introducono distorsioni e in ultima analisi si danneggia il tessuto sociale della comunità.
Per meglio chiarire questo fatto voglio considerare un caso reale: una valle alpina ha una ampia zona a bosco che anche se piuttosto impervia ha fornito in passato legname alle segherie di fondo valle. La proprietà del bosco non è comunale per cui ogni proprietario decide autonomamente.
Negli ultimi anni il bosco non è più stato sfruttato perché i proprietari hanno ritenuto non conveniente il prezzo pagato dalle segherie, le quali hanno acquistato legname svizzero, meno costoso. Nel frattempo i proprietari hanno investito nella edilizia di stazioni turistiche vicine, con ricavi immediati dalla vendita degli immobili.
La situazione è quindi quella di parte del territorio ( il bosco )trascurata e parte degradata dalla speculazione edilizia.
Il bosco in mancanza di manutenzione non regge agli eventi atmosferici e gli alberi caduti per eventi naturali finiscono nel corso dei torrenti parzialmente ostruendoli e preparando possibili eventi idrogeologici, in caso di forti piogge.
Mi pare chiaro da questo esempio, che le scelte economiche dei singoli non siano in grado di definire le soluzioni migliori, ovvero quelle più efficienti a lungo termine e per tutti.
Per natura le scelte di molti, per il bene comune, sarebbero politiche: nel caso visto la politica è stata formata dagli stessi speculatori, di corta visione che non potevano concepire nulla oltre i guadagno immediato.
Nell'esempio fatto si doveva fare una gestione comune del bosco, con una distribuzione dei ricavi tra i proprietari che avesse come obiettivo anche la pulizia degli alvei, la protezione nelle zone franose, la costruzione di immobili di qualità in un piano di edificazione non intensivo e di qualità. Anche chi non era in grado di partecipare economicamente al business delle costruzioni avrebbe potuto operare in un turismo continuativo, che le seconde case non offrono.

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